lunedì 3 settembre 2012

2012 ROMA - IL COLOSSEO


L'ANFITEATRO FLAVIO


Il Colosseo sorge nel luogo dove il rovinoso incendio del 69 d.C. rase al suolo gli edifici in esso eretti. Nerone ne approfittò per utilizzare la vallata e le alture per erigervi la sua fastosa residenza, la  Domus Aurea. A causa della sua morte, avvenuta nel 68 d.C. e a causa della sua damnatio memoriae, le costruzioni della dimora neroniana non furono concluse e la nuova dinastia, quella dei Flavi, decise di restituire al popolo gli spazi che Nerone aveva requisito, trasformandoli in un quartiere di spettacoli. In seguito Vespasiano, poco dopo la salita al trono (69 d.C.) iniziò la costruzione dell’anfiteatro che fu poi inaugurato da Tito nell’80 d.C. con spettacoli che durarono cento giorni.
Sotto Antonino Pio (138-161 d.C.) si resero necessari i primi lavori di restauro, in seguito a un incendio. Dopo il saccheggio per mano dei visigoti nel 410, rimase inutilizzato per anni. Restaurato nel V secolo, fu colpito da terremoti che peggiorarono il suo stato, tanto da far crescere il disinteresse degli imperatori, ormai cristiani, verso questo luogo di sanguinosi spettacoli gladiatori, aboliti da Valentiniano III nel 438  d.C.

Tra la fine del IV e gli inizi del V secolo cominciarono le espoliazioni che proseguirono per secoli. Iniziò una fase di abbandono e di decadenza dell’intero  anfiteatro, nel corso del quale i sotterranei furono progressivamente ricoperti di terra. Il monumento fu per secoli sistematicamente depredato e fu usato come cava di materiali da costruzione per edificare importanti edifici, tra i quali la basilica di San Pietro. Furono asportati tutti i materiali che potevano essere riutilizzati, quali marmo, ferro, travertino, mattoni, così fu smantellato gran parte del lato meridionale del Colosseo che era già stato danneggiato da alcuni terremoti. Queste espoliazioni durarono fino al giubileo del 1750, quando Benedetto XIV consacrò il Colosseo alla memoria dei martiri cristiani.

Il piano dove si svolgevano i giochi era un tavolato di legno ricoperto di sabbia che appunto in latino si chiama arena. Sotto l’arena sono visibili i sotterranei che furono in parte ricostruiti sotto l’impero di Domiziano, ma successivamente furono più volte modificati. Nei sotterranei erano custoditi gli armamentari necessari per i giochi, le gabbie per gli animali, gli animali stessi e le complesse attrezzature necessarie per sollevare gli  apparati scenici.

Le gradinate erano divise in cinque settori: il podio, il primo ordine, il secondo ordine a sua volta suddiviso in due parti e l’ordine superiore con gradinate di legno. All’interno di questi ordini gli spettatori erano rigorosamente divisi in base alla loro categoria sociale, maggiore era la distanza dall’arena, più bassa era la classe sociale dei cittadini. Nel podio, il più vicino all’arena, accedevano i senatori e le personalità più importanti della vita politica romana ed era arredato con sedili in pietra. Le iscrizioni ancora visibili sui posti recano i nomi dei destinatari. All’imperatore era ovviamente riservato un palco personale.

Nella fascia immediatamente superiore al podio, sedeva la classe dei cavalieri, poi salendo verso l’alto, le altre categorie sociali. La plebe sedeva nella gradinata in legno dell’ultimo ordine considerato il peggiore e una parte di questo ordine era probabilmente destinato alle donne della plebe che in base a delle rigide leggi morali in vigore a Roma, dovevano sedere in ordini separati. L’ultimo ordine era inserito in un portico con colonne di marmo.

 
Gli spettacoli che si svolgevano erano pubblici e l’ingresso era gratuito. Ogni spettatore possedeva una tessera sulla quale era indicato esattamente il posto che gli era stato assegnato.

 
Durante gli spettacoli, una squadra di marinai manovrava il velarium, un enorme telo, forse diviso in più spicchi, che serviva per riparare gli spettatori da pioggia e sole. Questi teli erano appoggiati su appositi pali di legno fissati su mensole inserite nella sommità della costruzione.

 

E` difficile dire quanti spettatori potesse contenere il Colosseo e le teorie in proposito sono discordanti, ma il numero doveva essere compreso tra i 40 e 70 mila posti. Il corridoio sull’asse centrale proseguiva a est fino al Ludus Magnus e a sud un’altra galleria permetteva all’imperatore di accedere al palco d’onore.

La Ludus Magnus costituiva la più grande caserma per gladiatori di Roma di cui solo la parte nord è stata portata alla luce che dalla forma semiellittica appare come un piccolo anfiteatro. Vi si trovavano le celle dei gladiatori che qui si esercitavano e vivevano in uno stato di prigionia. Il Ludus Magnus è oggi visibile dal parapetto all'inizio di via San Giovanni in Laterano.

 


L’anello esterno è alto quasi 60 metri, in travertino, suddiviso in quattro piani sovrapposti:
Nel piano a livello terra le arcate sono inquadrate da semicolonne tuscaniche.
In corrispondenza dei numerosi buchi sparsi ovunque, c'erano dei giunti in ferro che furono sistematicamente rubati per essere riutilizzati.

Alzate ora lo sguardo verso il primo piano e vi accorgerete che le semicolonne che inquadrano le arcate, portano il capitello di stile ionico.


Mentre le semicolonne del terzo piano sono di ordine corinzio.
Questa leggera diversificazione di stili nei capitelli, a parer mio, contribuisce a rendere, anche se impercettibilmente, più leggera la lettura d'insieme dell'immensa superficie.




Il quarto piano è un attico cieco suddiviso da lesene corinzie in scomparti con finestre quadrate. Al di sopra sporgono le mensole per fissare i pali di sostegno del velarium.

 
 
La croce in basso, ricorda la tradizione cristiana che vede l’anfiteatro come luogo di martirio. Sappiamo che i cristiani subirono persecuzioni e supplizi in luoghi pubblici, ma non abbiamo certezza che questi si siano svolti nell’arena del Colosseo. Infatti i testi che parlano dei martiri uccisi all’interno del Colosseo furono scritti solo alcuni secoli dopo la fine delle persecuzioni. E’ certo che i giochi gladiatori furono  ostacolati dagli imperatori cristiani e poi proibiti.

Il Colosseo rimase aperto esclusivamente per le caccie, l’ultima delle quali avvenne nel 523 d.C.

Sul Palatino, proprio di fronte al Colosseo e antistante il tempio di Venere, Nerone fece erigere una statua colossale in bronzo a sua immagine divina esattamente nel luogo oggi contornato da un’aiuola. In seguito la statua fu adorata come Apollo ed infine fu dedicata al dio Sole. Con riferimento alle dimensioni colossali della statua, l’anfiteatro fu in seguito denominato Colosseo. Il luogo è ben visibile dalle arcate del primo piano che guardano verso il Palatino.

 

LA VISITA
4 Agosto 2012 ore 9:12


 

Nonostante l’ora mattutina il caldo è già soffocante e nonostante la suddetta ora la coda dei turisti all’ingresso è lunghissima. Procediamo verso la cassa ordinatamente, pazienti, soprattutto silenziosi sicuramente oppressi dall’imponenza dell’edificio e dalla consapevolezza di trovarci esattamente nel luogo dove i nostri antichissimi antenati si accalcavano per prendere posto sulle immense gradinate dove da lì a poco avrebbero assistito a cruenti spettacoli gladiatori. Devo ammettere che l’emozione è molto forte. Si sale una lunga gradinata che porta al porticato del primo piano e la vista dell’arena è davvero impressionante, una visione d’insieme da mozzafiato. Di fronte a tanta magnificenza mi soffermo qualche istante, ammutolito e mi lascio andare a sfrenate fantasie dettate da quel poco che ricordo degli studi classici, ma più vivo è il ricordo di film colossali come Il Gladiatore. Non credo di essere il solo.
Gruppi di turisti si muovono verso le varie tappe delle visite ben segnalate pendenti dalle labbra della loro guida che li tiene polarizzati con descrizioni, diciamo pure un po' fantasiose, ma tanto emozionanti. Altri assumono espressioni sognanti con lo sguardo fisso sulle gradinate, altri ancora sono più interessati all’ombra di un pilastro. Una moltitudine di gente e una babilonia di lingue impressionante. Cerco di seguire il percorso suggerito dal dépliant che viene consegnato alla cassa e mi trovo di fronte ad un interessante pannello che riporta il testo di Tacito, Annali, 15, 38, 40 circa l’incendio che devastò Roma, ivi compresa l’area dove in seguito sorgerà il Colosseo. Tacito scrive:

Si verificò poi un disastro, non si sa se accidentale o per dolo del principe – gli storici infatti tramandano le due versioni – comunque il più grave e spaventoso toccato alla città a causa di un incendio. Iniziò nella parte del Circo (Massimo) contigua ai colli Palatino e Celio, dove il fuoco, scoppiato nelle botteghe piene di merci infiammabili, subito divampò, alimentato dal vento, e avvolse il circo in tutta la sua lunghezza. L’incendio invase, nella sua furia, dapprima il piano, poi salì sulle alture per scendere ancora verso il basso, superando, nella devastazione, qualsiasi soccorso, per la fulmineità del flagello e perchè vi si prestavano la città e i vicoli stretti e tortuosi e l’esistenza di enormi isolati, di cui era fatta la vecchia Roma....Al sesto giorno finalmente l’incendio fu domato alle pendici dell’Esquilino. Non era ancora cessato lo spavento né rinata una debole speranza: di nuovo il fuoco divampò in luoghi della città più aperti; ciò determinò un numero di vittime inferiore, ma più vasto fu il crollo di templi degli dèi e di porticati  destinati allo svago. Questo secondo incendio provocò commenti ancora più aspri, perchè era scoppiato nei giardini Emiliani, proprietà di Tigellino, e si aveva la sensazione che Nerone cercasse la gloria di fondare una nuova città e di darle il suo nome. Infatti dei quattordici quartieri in cui ne è ancora divisa Roma, ne rimanevano intatti quattro, con tre rasi al suolo e degli altri sette restavano pochi relitti di case, mezzo diroccate e semiarse....”
Tacito infatti si riferisce all’incendio che divampò tra la notte del 18 e 19 luglio del 64 d.C. e che durò nove giorni. La valle del Colosseo e  le pendici del Palatino furono tra i luoghi più devastati. I resti bruciati di interi isolati riportati in luce dagli scavi hanno consentito di verificare la violenza e l’entità del disastro, ma hanno anche permesso di ritrovare, tra le rovine e i crolli, gli edifici esistenti prima dello scatenarsi dell’incendio. Gli interventi edilizi attuati da Nerone dopo la catastrofe stravolsero le destinazioni d’uso del quartiere, inglobandolo nel perimetro della nuova residenza imperiale, la Domus Aurea, e trasformando radicalmente l’organizzazione degli spazi, condizionata fino a quel momento dalle caretteristiche ambientali del sito, dalla rete infrastrutturale e dall’intagibilità di alcuni luoghi sacri.

Mi porto un po’ più avanti e un altro pannello ricorda che al di sotto delle arcate perimetrali del II e III ordine erano erette statue mamoree come viene comprovato da antiche raffigurazioni del monumento come ad esempio appare sulle monete coniate in occasione dell’inaugurazione dell’Anfiteatro nell’anno 80 d.C. sotto l’impero di Tito. Le statue riproducevano immagini di divinità quali Apollo e Asclepio o di semidei come Ercole. In alcune immagini si nota  anche la presenza di una quadriga posta sugli avancorpi che evidenziano i quattro ingressi principali dell’Anfiteatro. Le statue perimetrali erano 152. Una seconda categoria di immagini, le statue-ritratto, era posta all’interno dell’edificio, in onore di personaggi di alto rango che avevano offerto spettacoli o che avevano promosso restauri. Ritratti degli imperatori e di membri della famiglia imperiale decoravano i due palchi riservati alle autorità. Le statue seguirono il destino del monumento, fortemente danneggiato dai terremoti del 443 e del 484 o 508, e poi spoliato: molte precipitarono all’esterno, altre furono scaraventate nei sotterranei o frantumate per ricavarne calce. Parti di esse si ritrovano, tuttavia, nel corso degli scavi, sia all’interno che all’esterno del Colosseo, come gli esemplari che seguono.

 
 
 
Testa femminile

In marmo insulare greco, con acconciatura a scriminatura centrale, due bande laterali ben definite con l’uso del trapano, ampio chignon sulla nuca e diademi.

Probabile raffigurazione di divinità o testa – ritratto da collocarsi su statua di divinità.

II secolo d.C., dall’Anfiteatro Flavio (Colosseo).
Sotterranei, sterri del 1933

 

Testa femminile

In marmo lunense.

L’acconciatura è a scriminatura centrale, con un nastro sui capelli. Sulla nuca è l’incasso per un perno funzionale al fissaggio a una lastra o a un elemento marmoero visibile solo su tre lati.

Probabile rappresentazione di divinità (Venere o Diana).

Fine I – inizi II secolo d.C.
Dalla piazza del Colosseo, scavi del 2008



Testa virile

In marmo tasio, con folta capigliatura a ciocche ondulate terminanti con riccioli realizzati al trapano.

Identificabile come Esculapio.

Ultimo quarto del II secolo – primo quarto del III secolo d.C.

Dall’Anfiteatro Flavio (Colosseo) I ordine, scavi del 1995-1996.


Testa di satiro

In marmo lunense.
Il tipo di frattura sul collo indica una originaria posizione inclinata della testa.
Copia di esemplare ellenistico di impronta prassitelica.
Età adrianea.
Dalla piazza del Colosseo, scavi del 2008.

 






Statua acefala di loricato

In marmo tasio.
Con corazza anatomica e mantello fissato alla spalla destra con fibbia; visibile all’altezza della vita parte della corta veste pieghettata. Sulla parte superiore del busto è l’incasso per l’inserimento della testa.
Probabile statua ritratto di imperatore, II secolo d.C.

Dall’Anfiteatro Flavio (Colosseo), sotterranei, sterri del 1939.

 


Elemento di montacarichi

In travertino, funzionale allo scorrimento delle funi
per il sollevamento dai sotterranei al piano dell’arena di uno dei 60 montacarichi, in uso nel III secolo.

La parte superiore e la puleggia sono inserzioni moderne.
Dall’Anfiteatro Flavio (Colosseo), sotterranei.

 

 

 

Dopo questa carellata di ritratti propongo una serie di marmi sparsi ovunque durante il percorso e che a mio parere sono degni di attenzione perchè un tempo facevano parte della struttura decorativa e architettonica di questo immenso edificio.



 La visita è stata decisamente interessante, ma resa faticosa dal caldo opprimente che attanaglia la città in questi giorni; eppure non mi decido ad uscire, indugio, riprendo il percorso nel timore di aver tralasciato qualche particolare, infine sono attratto dalle spettacolari vedute che si prospettano attraverso le arcate del piano II.
 
Ecco l'Arco di Trionfo di Costantino, costruito in fretta e furia per celebrare la vittoria riportata contro Massenzio sul Ponte Milvio il 28 ottobre 312.
Sembra quasi di vedere il corteo maestoso capeggiato dall'imperatore in uniforme splendente che passa sotto questo arco acclamato da tutta Roma.
Un'immagine da colossal che non finisce mai di entusiasmare.
 

 

 

 

Questa veduta ha il potere di annullare la dimensione del tempo e ci proietta nella Roma imperiale.
Sembra forse di essere nel pieno centro di Roma? No di certo. Con un minimo sforzo riusciamo ad eliminare ogni suono della civiltà moderna per sentire il brusio di suoni remoti, le ruote dei carri sul selciato, voci imprecanti in un linguaggio astruso, altre supplichevoli, comandi robusti di centurioni ed infine qualcuno dietro di te che ti prega di spostarti perchè deve fare una foto alla sua compagna cinese.

E con questo brusco risveglio non mi resta che incamminarmi verso l'uscita, accaldato, stanco, ma felice di aver fatto questa visita.




Alla prossima!
 

 


 

 

 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

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