L'ANFITEATRO FLAVIO
Il Colosseo sorge
nel luogo dove il rovinoso incendio del 69 d.C. rase al suolo gli edifici in
esso eretti. Nerone ne approfittò per utilizzare la vallata e le alture per
erigervi la sua fastosa residenza, la Domus Aurea. A causa della sua morte, avvenuta
nel 68 d.C. e a causa della sua damnatio
memoriae, le costruzioni della dimora neroniana non furono concluse e la
nuova dinastia, quella dei Flavi, decise di restituire al popolo gli spazi che
Nerone aveva requisito, trasformandoli in un quartiere di spettacoli. In
seguito Vespasiano, poco dopo la salita al trono (69 d.C.) iniziò la
costruzione dell’anfiteatro che fu poi inaugurato da Tito nell’80 d.C. con
spettacoli che durarono cento giorni.
Sotto Antonino Pio (138-161 d.C.)
si resero necessari i primi lavori di restauro, in seguito a un incendio. Dopo
il saccheggio per mano dei visigoti nel 410, rimase inutilizzato per anni. Restaurato
nel V secolo, fu colpito da terremoti che peggiorarono il suo stato, tanto da
far crescere il disinteresse degli imperatori, ormai cristiani, verso questo
luogo di sanguinosi spettacoli gladiatori, aboliti da Valentiniano III nel
438 d.C.
Tra la fine del IV e
gli inizi del V secolo cominciarono le espoliazioni che proseguirono per
secoli. Iniziò una fase di abbandono e di decadenza dell’intero anfiteatro, nel corso del quale i sotterranei
furono progressivamente ricoperti di terra. Il monumento fu per secoli sistematicamente
depredato e fu usato come cava di materiali da costruzione per edificare
importanti edifici, tra i quali la basilica di San Pietro. Furono asportati
tutti i materiali che potevano essere riutilizzati, quali marmo, ferro,
travertino, mattoni, così fu smantellato gran parte del lato meridionale del
Colosseo che era già stato danneggiato da alcuni terremoti. Queste espoliazioni
durarono fino al giubileo del 1750, quando Benedetto XIV consacrò il Colosseo
alla memoria dei martiri cristiani.
Il piano dove si svolgevano i
giochi era un tavolato di legno ricoperto di sabbia che appunto in latino si
chiama arena. Sotto l’arena sono visibili i sotterranei che furono in parte
ricostruiti sotto l’impero di Domiziano, ma successivamente furono più volte
modificati. Nei sotterranei erano custoditi gli armamentari necessari per i
giochi, le gabbie per gli animali, gli animali stessi e le complesse
attrezzature necessarie per sollevare gli apparati scenici.
Nella fascia immediatamente
superiore al podio, sedeva la classe dei cavalieri, poi salendo verso l’alto,
le altre categorie sociali. La plebe sedeva nella gradinata in legno
dell’ultimo ordine considerato il peggiore e una parte di questo ordine era
probabilmente destinato alle donne della plebe che in base a delle rigide leggi
morali in vigore a Roma, dovevano sedere in ordini separati. L’ultimo ordine
era inserito in un portico con colonne di marmo.
Gli spettacoli che si svolgevano
erano pubblici e l’ingresso era gratuito. Ogni spettatore possedeva una tessera
sulla quale era indicato esattamente il posto che gli era stato assegnato.
Durante gli spettacoli, una
squadra di marinai manovrava il velarium, un enorme telo, forse diviso in più
spicchi, che serviva per riparare gli spettatori da pioggia e sole. Questi teli
erano appoggiati su appositi pali di legno fissati su mensole inserite nella
sommità della costruzione.
E` difficile dire quanti
spettatori potesse contenere il Colosseo e le teorie in proposito sono
discordanti, ma il numero doveva essere compreso tra i 40 e 70 mila posti. Il
corridoio sull’asse centrale proseguiva a est fino al Ludus Magnus e a sud un’altra galleria permetteva all’imperatore di
accedere al palco d’onore.
La Ludus Magnus costituiva la più grande
caserma per gladiatori di Roma di cui solo la parte nord è stata portata alla
luce che dalla forma semiellittica appare come un piccolo anfiteatro. Vi si
trovavano le celle dei gladiatori che qui si esercitavano e vivevano in uno
stato di prigionia. Il Ludus Magnus è oggi visibile dal parapetto all'inizio di via San Giovanni in Laterano.
L’anello esterno è alto quasi 60 metri, in travertino, suddiviso in quattro piani sovrapposti:
Nel piano a livello terra le arcate sono inquadrate da semicolonne tuscaniche.
In corrispondenza dei numerosi buchi sparsi ovunque, c'erano dei giunti in ferro che furono sistematicamente rubati per essere riutilizzati.
Alzate ora lo sguardo verso il primo piano e vi accorgerete che le semicolonne che inquadrano le arcate, portano il capitello di stile ionico.
Mentre le semicolonne del terzo piano sono di ordine corinzio.
Questa leggera diversificazione di stili nei capitelli, a parer mio, contribuisce a rendere, anche se impercettibilmente, più leggera la lettura d'insieme dell'immensa superficie.
Il quarto piano è un attico cieco suddiviso da lesene corinzie in scomparti con finestre quadrate. Al di sopra sporgono le mensole per fissare i pali di sostegno del velarium.
La croce in basso,
ricorda la tradizione cristiana che vede l’anfiteatro come luogo di martirio.
Sappiamo che i cristiani subirono persecuzioni e supplizi in luoghi pubblici,
ma non abbiamo certezza che questi si siano svolti nell’arena del Colosseo.
Infatti i testi che parlano dei martiri uccisi all’interno del Colosseo furono
scritti solo alcuni secoli dopo la fine delle persecuzioni. E’ certo che i
giochi gladiatori furono ostacolati
dagli imperatori cristiani e poi proibiti.
Il Colosseo rimase aperto esclusivamente per le caccie,
l’ultima delle quali avvenne nel 523 d.C.
Sul Palatino, proprio di fronte
al Colosseo e antistante il tempio di Venere, Nerone fece erigere una statua
colossale in bronzo a sua immagine divina esattamente nel luogo oggi contornato
da un’aiuola. In seguito la statua fu adorata come Apollo ed infine fu dedicata
al dio Sole. Con riferimento alle dimensioni colossali della statua,
l’anfiteatro fu in seguito denominato Colosseo. Il luogo è ben visibile dalle arcate del primo piano che guardano verso il Palatino.
LA VISITA
4 Agosto 2012 ore 9:12
Nonostante l’ora mattutina il
caldo è già soffocante e nonostante la suddetta ora la coda dei turisti all’ingresso
è lunghissima. Procediamo verso la cassa ordinatamente, pazienti, soprattutto
silenziosi sicuramente oppressi dall’imponenza dell’edificio e dalla
consapevolezza di trovarci esattamente nel luogo dove i nostri antichissimi
antenati si accalcavano per prendere posto sulle immense gradinate dove da lì a
poco avrebbero assistito a cruenti spettacoli gladiatori. Devo ammettere che
l’emozione è molto forte. Si sale una lunga gradinata che porta al porticato
del primo piano e la vista dell’arena è davvero impressionante, una visione
d’insieme da mozzafiato. Di fronte a tanta magnificenza mi soffermo qualche
istante, ammutolito e mi lascio andare a sfrenate fantasie dettate da quel poco che ricordo degli studi classici, ma più vivo è
il ricordo di film colossali come Il Gladiatore. Non credo di essere il solo.
Gruppi di turisti si muovono verso le varie tappe delle visite ben segnalate pendenti dalle labbra della loro guida che li tiene polarizzati con descrizioni, diciamo pure un po' fantasiose, ma tanto emozionanti. Altri assumono espressioni sognanti con lo sguardo fisso sulle gradinate,
altri ancora sono più interessati all’ombra di un pilastro. Una moltitudine di
gente e una babilonia di lingue impressionante. Cerco di seguire il percorso
suggerito dal dépliant che viene consegnato alla cassa e mi trovo di fronte ad un
interessante pannello che riporta il testo di Tacito, Annali, 15, 38, 40 circa
l’incendio che devastò Roma, ivi compresa l’area dove in seguito sorgerà il
Colosseo. Tacito scrive:
“Si verificò poi un disastro, non si sa se accidentale o per dolo del
principe – gli storici infatti tramandano le due versioni – comunque il più
grave e spaventoso toccato alla città a causa di un incendio. Iniziò nella
parte del Circo (Massimo) contigua ai colli Palatino e Celio, dove il fuoco,
scoppiato nelle botteghe piene di merci infiammabili, subito divampò,
alimentato dal vento, e avvolse il circo in tutta la sua lunghezza. L’incendio
invase, nella sua furia, dapprima il piano, poi salì sulle alture per scendere
ancora verso il basso, superando, nella devastazione, qualsiasi soccorso, per
la fulmineità del flagello e perchè vi si prestavano la città e i vicoli
stretti e tortuosi e l’esistenza di enormi isolati, di cui era fatta la vecchia
Roma....Al sesto giorno finalmente l’incendio fu domato alle pendici
dell’Esquilino. Non era ancora cessato lo spavento né rinata una debole
speranza: di nuovo il fuoco divampò in luoghi della città più aperti; ciò
determinò un numero di vittime inferiore, ma più vasto fu il crollo di templi
degli dèi e di porticati destinati allo
svago. Questo secondo incendio provocò commenti ancora più aspri, perchè era
scoppiato nei giardini Emiliani, proprietà di Tigellino, e si aveva la
sensazione che Nerone cercasse la gloria di fondare una nuova città e di darle
il suo nome. Infatti dei quattordici quartieri in cui ne è ancora divisa Roma, ne
rimanevano intatti quattro, con tre rasi al suolo e degli altri sette restavano
pochi relitti di case, mezzo diroccate e semiarse....”
Tacito infatti si riferisce
all’incendio che divampò tra la notte del 18 e 19 luglio del 64 d.C. e che durò
nove giorni. La valle del Colosseo e le
pendici del Palatino furono tra i luoghi più devastati. I resti bruciati di
interi isolati riportati in luce dagli scavi hanno consentito di verificare la
violenza e l’entità del disastro, ma hanno anche permesso di ritrovare, tra le
rovine e i crolli, gli edifici esistenti prima dello scatenarsi dell’incendio.
Gli interventi edilizi attuati da Nerone dopo la catastrofe stravolsero le
destinazioni d’uso del quartiere, inglobandolo nel perimetro della nuova
residenza imperiale, la Domus Aurea, e trasformando radicalmente
l’organizzazione degli spazi, condizionata fino a quel momento dalle
caretteristiche ambientali del sito, dalla rete infrastrutturale e
dall’intagibilità di alcuni luoghi sacri.Mi porto un po’ più avanti e un altro pannello ricorda che al di sotto delle arcate perimetrali del II e III ordine erano erette statue mamoree come viene comprovato da antiche raffigurazioni del monumento come ad esempio appare sulle monete coniate in occasione dell’inaugurazione dell’Anfiteatro nell’anno 80 d.C. sotto l’impero di Tito. Le statue riproducevano immagini di divinità quali Apollo e Asclepio o di semidei come Ercole. In alcune immagini si nota anche la presenza di una quadriga posta sugli avancorpi che evidenziano i quattro ingressi principali dell’Anfiteatro. Le statue perimetrali erano 152. Una seconda categoria di immagini, le statue-ritratto, era posta all’interno dell’edificio, in onore di personaggi di alto rango che avevano offerto spettacoli o che avevano promosso restauri. Ritratti degli imperatori e di membri della famiglia imperiale decoravano i due palchi riservati alle autorità. Le statue seguirono il destino del monumento, fortemente danneggiato dai terremoti del 443 e del 484 o 508, e poi spoliato: molte precipitarono all’esterno, altre furono scaraventate nei sotterranei o frantumate per ricavarne calce. Parti di esse si ritrovano, tuttavia, nel corso degli scavi, sia all’interno che all’esterno del Colosseo, come gli esemplari che seguono.
In marmo insulare greco, con
acconciatura a scriminatura centrale, due bande laterali ben definite con l’uso
del trapano, ampio chignon sulla nuca e diademi.
Probabile raffigurazione di
divinità o testa – ritratto da collocarsi su statua di divinità.
II secolo d.C., dall’Anfiteatro Flavio (Colosseo).
Sotterranei, sterri
del 1933
In marmo lunense.
L’acconciatura è a scriminatura centrale, con un nastro sui capelli.
Sulla nuca è l’incasso per un perno funzionale al fissaggio a una lastra o a un
elemento marmoero visibile solo su tre lati.
Probabile rappresentazione di divinità (Venere o Diana).
Fine I – inizi II secolo d.C.
Dalla piazza del Colosseo, scavi del 2008
Dalla piazza del Colosseo, scavi del 2008
In marmo tasio, con folta capigliatura a ciocche ondulate
terminanti con riccioli realizzati al trapano.
Identificabile come Esculapio.
Ultimo quarto del II secolo – primo quarto del III secolo
d.C.
Dall’Anfiteatro Flavio (Colosseo) I ordine, scavi del
1995-1996.
Testa di satiro
In marmo lunense.
Il tipo di frattura sul collo indica una originaria posizione inclinata della testa.
Copia di esemplare ellenistico di impronta prassitelica.
Età adrianea.
Dalla piazza del Colosseo, scavi del 2008.
Il tipo di frattura sul collo indica una originaria posizione inclinata della testa.
Copia di esemplare ellenistico di impronta prassitelica.
Età adrianea.
Dalla piazza del Colosseo, scavi del 2008.
In marmo tasio.
Con corazza anatomica e mantello fissato alla spalla destra con fibbia; visibile all’altezza della vita parte della corta veste pieghettata. Sulla parte superiore del busto è l’incasso per l’inserimento della testa.
Probabile statua ritratto di imperatore, II secolo d.C.
Con corazza anatomica e mantello fissato alla spalla destra con fibbia; visibile all’altezza della vita parte della corta veste pieghettata. Sulla parte superiore del busto è l’incasso per l’inserimento della testa.
Probabile statua ritratto di imperatore, II secolo d.C.
Dall’Anfiteatro Flavio (Colosseo), sotterranei, sterri del
1939.
Elemento di montacarichi
In travertino, funzionale allo scorrimento delle funi
per il sollevamento dai sotterranei al piano dell’arena di uno dei 60 montacarichi, in uso nel III secolo.
per il sollevamento dai sotterranei al piano dell’arena di uno dei 60 montacarichi, in uso nel III secolo.
La parte superiore e la puleggia sono inserzioni moderne.
Dall’Anfiteatro Flavio (Colosseo), sotterranei.
Dall’Anfiteatro Flavio (Colosseo), sotterranei.
Dopo
questa carellata di ritratti propongo una serie di marmi sparsi ovunque durante
il percorso e che a mio parere sono degni di attenzione perchè un tempo
facevano parte della struttura decorativa e architettonica di questo immenso edificio.
Questa veduta ha il potere di annullare la dimensione del tempo e ci proietta nella Roma imperiale.
Sembra forse di essere nel pieno centro di Roma? No di certo. Con un minimo sforzo riusciamo ad eliminare ogni suono della civiltà moderna per sentire il brusio di suoni remoti, le ruote dei carri sul selciato, voci imprecanti in un linguaggio astruso, altre supplichevoli, comandi robusti di centurioni ed infine qualcuno dietro di te che ti prega di spostarti perchè deve fare una foto alla sua compagna cinese.
E con questo brusco risveglio non mi resta che incamminarmi verso l'uscita, accaldato, stanco, ma felice di aver fatto questa visita.
Alla prossima!
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